Un bizzarro distacco
Gli imbarazzanti risultati delle scelte estetiche mentali.
Una manager sulla quarantina, snella, ben vestita, una donna di successo insomma, verso mezzogiorno si presenta nel mio ambulatorio. Inizio l’anamnesi, le chiedo se prende medicinali, se ha avuto delle malattie precedenti, come va il suo ciclo mestruale... in breve, faccio domande su tutto ciò che un medico dovrebbe sapere dei suoi pazienti. Ma qualcosa mi sorprende.

Che cosa c’è che non va con lei? Perché ha quello sguardo che sembra un po’ offeso? Le ho forse mancato di rispetto? L’ho ferita con le mie domande? Provo a concentrarmi sul seguito dell’anamnesi. No, niente figli. Niente allergie. Poi, verso la fine, la mia domanda: «Ha mai usato il Botox?». «Sì, sì, certo!» esclama, quasi indignata. «Dove, precisamente?» E lei: «Be’, ovunque!». Come se fosse del tutto scontato.

Botox: ovunque! Ero sollevata. La mimica ostile e altezzosa della mia paziente non aveva niente a che vedere con me. Lei non poteva fare altrimenti, era semplicemente incapace di muovere i muscoli del viso perché questo esprimesse quel che stava provando o dicendo. Tutto era paralizzato. Solo le sue labbra si aprivano e si chiudevano come se fosse un pesce arenato sulla spiaggia, e i suoi occhi giravano indaffarati nelle loro cavità. Il morbo della maschera. La donna era evidentemente rimasta vittima di un mio collega che si era impegnato troppo.

Il vero motivo per cui era venuta nell’ambulatorio erano i danni causati dal sole, i pori ingrossati e una tessitura cutanea inquieta. Per aiutarla su questo piano le proposi una terapia con il laser. Non era un lavoro semplice ma, finita la terapia, eravamo entrambe sollevate. Ero contenta del risultato e alla fine feci una battuta. La sua reazione fu una risata a crepapelle.

Era davvero affascinante vedere l’effetto che fa un gigantesco accesso di riso in una faccia completamente paralizzata: la bocca si spalanca, ne esce prima un borbottio e poi degli scoppi di riso, il corpo partecipa con vibrazioni entusiaste, e l’unica cosa che non c’entra nulla è quel volto immobile e stirato come una camicia. Nessuna ruga d’espressione, nessun movimento del naso, le guance non diventano più rotonde, le sopracciglia non ballano.

Mi piace quando le persone ridono di cuore, quasi dimenticando sé stesse e il mondo, e avrei voluto vedere tutte queste reazioni mimiche anche nella mia paziente. Così, in quel momento, avremmo potuto essere legate in un modo particolare, ma con quella paralisi facciale rimase un bizzarro distacco che faceva quasi venire i brividi.

Yael Adler
dal libro La pelle felice