Seguendo il punto di vista orientale ho provato a esplorare gli spazi vuoti. Se per caso il paziente analizzava ossessivamente ogni mossa e si preoccupava di ogni cosa della sua esistenza lo incoraggiavo a lasciarsi portare. Se riempiva lo spazio ansiosamente con parole, cercavamo insieme una possibilità di silenzio. Incoraggiavo la persona che aveva paura di scendere nella depressione a esplorarla.
Trovavamo sempre la stessa cosa, che il tanto temuto spazio vuoto è un vuoto fertile, e che esplorarlo è un punto di svolta verso il cambiamento terapeutico.
La “soluzione” passa attraverso i vuoti e le paure che ci trattengono dall’esplorarli, a mano a mano che questi vengono riconosciuti, perdono la loro forza.
A questo punto in questi vuoti possiamo anche entrare.